Ti penso da questa terra di ombre spente,
bambina per sempre, che danzi nei sogni
con piedi scalzi sopra le stelle,
più lieve del pianto, più viva del tempo.
Sei lontana, come la luna al grano,
come il vento al tamburo della mia pelle.
Non posso toccarti, ma ogni notte
mi sfiori il cuore col tuo sorriso.
Tu sei innocenza,
che non conosce le spine del mondo,
che guarda la pioggia come un regalo,
e si stupisce al volo di un passero
come fosse un miracolo antico.
Hai meraviglia nei palmi,
gioia che esplode come una bolla,
fantasia che fa dei sassi castelli
e del silenzio canzoni leggere.
Io, esiliato dai tuoi occhi chiari,
mi struggo nella distanza che ci separa,
tra muri d’anni e paure adulte.
Ma tu credi ancora:
hai fiducia negli altri,
come un fiore che si apre a chi passa,
curiosità che chiede al vento
perché soffia e dove va.
Tu ascolti col cuore
in empatia che nasce istintiva,
come se ogni dolore fosse il tuo,
come se l’amore fosse pane
e tu lo offrissi con le mani aperte.
Parli il gioco come fosse lingua,
e la tua sincerità disarmante
fa tremare ogni bugia sottile.
Sai perdonare come l’acqua
che dimentica il fango,
non giudichi, non pesi, non chiedi.
Ami,
senza misura né ritorno.
Hai una luce che non si spegne,
un’energia che danza tra le ore,
tenerezza che sa come toccare
senza ferire.
Vedi bellezza dove altri non guardano,
credi ancora nella magia,
come se il cielo fosse un sipario
e dietro ci fosse un mondo più vero.
Hai bisogno d’abbracci veri,
di restare vicina a chi ami,
ti doni con tutta te stessa,
poi torni, spontanea, come la sera.
Cerchi protezione
e trovi rifugio nei cuori sinceri.
E ridi!
Ridi con tutto il tuo corpo,
come se il riso fosse respiro.
Ma io non posso toccarti.
Sono troppo lontano.
E allora ti scrivo,
ti chiamo nei versi,
chiedo perdono per essere cresciuto.
Tu,
bambina per sempre,
custode del mondo che ho perduto,
resta.
Resta dove sei.
Là dove il cuore non ha ancora paura.
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