Categoria: Epoca terza

  • Al sole che sorge

    Buongiorno a te,
    nuovo sole che sorge
    sugli occhi miei ancora pieni di notte.

    Sei arrivata
    come un raggio testardo
    che attraversa un vetro opaco,
    e non fa rumore
    ma promette primavera.

    Io ero albero nudo,
    senza più fiori né foglie,
    la linfa era prigioniera nel ghiaccio
    tu l’hai scaldata,
    l’hai rimessa in cammino.

    Adesso germoglio,
    non per caso,
    ma perché tu mi vedi.

    Tu sei il giorno che comincia
    e io, come dopo un inverno senza fine,
    riabbraccio la luce.

  • Arriverà la primavera

    Algida l’aria,
    scuro il cielo
    muta
    l’anima ai rami

    un sordo grido incessante
    nel vento

    ho camminato
    sulle ossa
    nella fredda notte
    senza luna
    senza voce

    ma tu
    credici
    quando anche la luce
    si ritrae dal sangue

    il seme
    non ha smesso di battere

    nella crepa
    trema
    una foglia futura

    arriverà
    la primavera
    senza rumore
    senza perdono

    come una ferita
    che fiorisce

  • Più del cïel, quel sorriso

    Quando l’età mia ancora era promessa,
    e il cor vibrava d’impeto gentile,
    fu nel parlar d’un’anima sorella
    che mi si svelò l’Amor più sottile.

    Non solo il corpo, ma la mente bella
    s’innalzò in me con foco quasi ostile,
    ché l’alma sua, di luce universale,
    mosse la mia in un nodo immortale.

    E benché l’anni, con severa mano,
    oggi m’avvolgan nel silenzio amaro,
    né labbra ho più né ascolto profano,

    parmi ieri quel riso puro e raro
    che, più del cïel, degli astri e del piano,
    mi rivelò il divin nell’essere caro.

  • All’anima che dispiega i suoi sepolti ardori

    (Risposta d’un filosofo del natural difetto)

    O tu che l’urna de’ sospiri apristi
    al cauto cerchio de’ savi compagni,
    ove l’Amor, in sua veste fallace,
    giacque spento con gloria di duolo,

    sappi che l’alma mia, simìl piagata,
    porta memoria di fervidi assalti,
    che diletto pareano, e fur ferite,
    nell’ora che la rosa mai più rise.

    Ché questo difetto, nato con noi,
    non v’ha sentenza che lo possa fugare,
    né scienza umana, né fuga di tempo:
    esso regna dove il core dimora.

    E nondimeno, in dolor condiviso,
    si fa intelletto più chiaro e gentile,
    ché tra filosofi del pianto d’Amore
    cresce sapienza che non muore in vento.

    Però, fratello del medesmo ardore,
    non temer di sparger le tue reliquie:
    ché nella polvere del sentimento
    nasce talora il fiore del vero.

    Sassari, 5 Aprile 2025