Categoria: Epoca terza

  • Che mi fai

    Che mi fai

    che non sento più i profumi
    se non quello della tua pelle

    che quando osservo l’orizzonte
    scorgo il tuo viso nel cielo

    che più nulla mi importa
    se non il qui e adesso

    e sento pace dentro me,
    la mia piccola barca
    ha trovato un porto felice

    dove il riposo ha riparo,
    dove sincere mani amiche,
    ricuciono la logora vela

  • E pur io son sì altamente innamorato: risposta a Cecco Angiolieri

    Cecco, compare mio, spirto arguto e chiaro,
    sediamci qui, ché l’alma arde e consuma;
    anch’io per donna vivo a mal a mano,
    e il cor si strugge come legna in bruma.

    Ella mi guarda, e par che poco cale,
    e ride quando il cor mi cade in terra,
    poi mi ragiona dolce, e mi fa male,
    e pur io son sì altamente innamorato.

    Di me s’è fatta gioco e fantasia,
    e pur la cerco come pane e vino;
    ché senza lei, la notte pare via
    che mena al nulla e al fin mi fa tapino.

    Io, come te, bestemmio e poi ripenso
    che forse Dio d’amor si fa trastullo,
    ma il cor, ribaldo, torna al primo senso
    e dice: “Soffri, ché morir non è nulla.”

    Mi dici: “Va’, ch’ella ti sia propizia!”
    e io rispondo: “Sia quel che vorrà sorte;
    ma s’ella ride, l’alma mia s’imbizzia,
    e se non l’ho, già sento dentro morte.”

    Dunque giochiam, ché amor è bisca oscura,
    e il senno è banco che mai paga il conto;
    che vale il lume, se ogni carta è fura,
    e un bacio è premio d’un mazzo già pronto?

  • Del mio usiél ch’è foco senza posa

    Sempre ‘l mio usiél, ch’è foco senza posa,
    s’alzava in vol per ogni giovinetta,
    anco se brutta, zoppa, o poveretta,
    ché mai guardava volto né bellezza.

    Né bruttinella mai scampò la cosa,
    ché la sua voglia è forza maledetta,
    che l’ànima mi strugge e mi disseta,
    come fornace accesa e furïosa.

    Punìa le verginelle con gran zelo,
    che quasi mi pigliava un gran spavento,
    vedendo ogn’or ch’alcuna mi guardava.

    Ché poi la sorte, come un colpo a pelo,
    e lor beltà servia sol per la brama,
    ché amor non v’era, ma pur fame e scherno.

  • Spossato

    Spossato

    e riesco finalmente
    a godere quel tanto desiderato
    riposo

    ora la mia piccola barca,
    silenziosa e immobile,
    galleggia
    su questo lago
    che un tempo era mare

  • Les fleurs dans le vent

    Depuis des temps immémoriaux,
    anéanti par le vide,
    le cœur écrasé par la poussière
    de mille heures mortes.

    L’Amour m’abandonna,
    et les couleurs s’éteignirent dans l’abîme,
    la musique devint du bruit,
    un cri, un fracas sans visage.

    Tout le monde, en flammes,
    s’enfonçait dans un tourbillon,
    dirigé par des démons trompeurs,
    et des bêtes, sombres comme le silence.

    La fatigue me tira du noir,
    tandis que je gravissais le précipice,
    les mains meurtries par le froid de la terre,
    le souffle pris par l’obscurité.

    Puis la lumière arriva,
    plus de soleil, mais un éclair
    de fleurs étranges, écloses dans l’air,
    et le pain qui ne rassasie pas, mais remplit
    d’un goût oublié,
    un dernier cri de vie.

  • La vuota gloria

    abbiamo vinto
    ma a che prezzo

    la vittoria
    non consola
    quando il cuore
    resta in guerra

    e cosa serve
    uscirne vivi
    se dentro
    non lo siamo più

  • Libertà

    di pensare

    libertà

    […]

    di agire

    libertà

    […]

    di amare

    libertà

  • Il tempo del raccolto

    Ecco, è giunta l’ora soave,
    l’attesa, la dolce, la buona,
    l’ora che il cuore solleva
    come spiga che il sole incorona.

    Tutto si posa, tutto s’intona:
    la falce nel grano che ride,
    l’odore del pane che dona
    la sera alle mani ferite.

    Il tempo si chiude nel cerchio
    che il bue ha tracciato nel campo,
    e il cielo, nell’ombra che cresce,
    si fa della vita un canto.

    Oh, quanta pazienza silente!
    Vangare, seminare, sudare…
    e ora la terra è presente
    con frutti che sanno d’amare.

    E l’uomo si siede, pian piano,
    sul ceppo che un tempo ha tagliato,
    e guarda la vigna, il suo grano,
    il mondo che ha costruito.

    Sorride, col sole nel petto,
    le rughe gli dan compagnia.
    Capisce, nel cuore perfetto,
    che è giunta la sua poesia.

    Che il pane è più dolce al tramonto,
    che il vino ha più canto maturo,
    ché ogni seme nel tempo ha raccolto
    un destino sereno e sicuro.

  • Del mio cammino, per man d’Anima

    Essendo l’umana vita transitoria e piena di perigli e tribolazioni, e ciascuno spirito nato sotto la luna costretto a passar per molte e diverse prove, non è cosa nova che l’animo, in certa etate, si trovi sperso infra le tenebre del dolore, e mancante di lume verace. Onde io, che fui peregrino sopra questa terra, ebbi a trapassare per vie oscure, le quali menano non già a perdizione, ma, con guida casta e pietosa, alla speranza d’alto raggio.

    E però, volendo io narrare cotale cammino – non per vana gloria, ma perché altri che similmente soffra ne tragga conforto e lume – ho composto questi versi secondo l’arte antica del nostro sommo poeta, che del cammino dell’alma fece mirabile canto. In essi, sotto forma poetica e figurata, si mostra la discesa, la purga, e l’ascesa di colui che per dolore conobbe la verità, e per amore fu redento.

    Chi legge, abbia animo aperto e cuore paziente: ché non ogni pianto è disperazione, né ogni oscuritade è priva di luce.


    Sì come ‘l sommo cantor de l’alte cose
    discese prima nel dolor profondo,
    ove il dannato in pianto si ripose,

    e poscia salì al monte sacro e tondo,
    ove purgàrsi l’alme travagliate
    che bramavan salir dal basso mondo,

    finché giunse alle sfere illuminate,
    ove risplende l’etterno Paradiso
    tra voci sante e luci inebriate,

    così m’accadde, nel mortal improviso:
    provai le fiamme d’una doglia oscura
    che mi struggeva come foco acceso.

    Là dove ogni speranza si misura
    con l’agonia ch’allenta il nostro fiato,
    io dimorai tra pena dura e dura.

    Ma quando il core fu quasi disfatto,
    e l’ossa stanche al suol volean cadere,
    parvemi un lume in ciel benedettato.

    E da quel lume, con parole vere,
    discese una figura sì gentile
    che a dirne il nome ancor l’alma si spere.

    “Son l’Anima,” mi disse con sottile
    voce che al cor portava dolce ardore,
    “venni per te da l’empireo più vile.

    Che tu non mora in questo amaro errore,
    ma trovi via che al sommo ben conduce,
    ti sarò guida come fu d’amore.”

    E prese man la mia, piena di croce,
    e m’innalzò per vie ch’eran sì oscure,
    ch’ogn’altra luce a lato parea luce.

    Così salii, purgando le mie cure,
    per ogni pianto e doglia sostenuta,
    fino al confine delle cose pure.

    Là mi condusse, in veste incorrotta,
    ove s’adora l’amor che tutto move,
    e l’alma mia fu salva e ricondotta.

  • Sogni di libertà

    Siamo ancora i nostri padroni,
    o siamo fiumi che scorrono senza sapere la direzione,
    turbati da venti che non vediamo,
    sfiorati da luci che ci fanno ciechi?

    Abbiamo preso in mano il nostro destino,
    o è lui che ci sussurra, silenzioso,
    nelle notti più buie e nelle giornate di sole?
    Siamo ancora la penna che scrive la storia,
    o siamo le pagine, senza parola,
    pronti a essere girati?

    Ci siamo eretti al di sopra delle stelle,
    abbiamo costruito torri che sfidano il cielo,
    ma nelle pieghe della nostra esistenza
    abbiamo perso la chiave del nostro cuore,
    che era, forse, l’unico vero padrone.

    Eppure, nel profondo,
    ascoltiamo la voce del vento,
    che ci parla come un antico saggio.
    Siamo ancora padroni di quel silenzio,
    o siamo figli di esso?

    Il dominio non è più quello che pensavamo.
    Siamo i sogni e i desideri che ci plasmano,
    e la libertà, forse, è un’illusione
    che noi stessi abbiamo disegnato.

    Forse siamo ancora padroni,
    ma di un regno che non conosciamo più.
    Un regno dove il controllo è una piuma,
    e il nostro cuore è il vero timoniere.